Spigola/branzino

Dicentrarchus labrax

  • Taglia
    25 cm
  • Francia FAO 05
    Acquacoltura in vasche
  • Atlantico nord-orientale FAO 27 - Atlantico centro-orientale FAO 34
    Lenza a mano, Pesca a canna
  • Mar Mediterraneo FAO 37 - Mar Mediterraneo e Mar Nero FAO 37: Turchia
    Acquacoltura in gabbie
  • Atlantico centro-orientale FAO 34
    Rete a strascico pelagica; Rete da posta pelagica; Palangaro pelagico
  • Atlantico nord-orientale FAO 27
    Sciabica da spiaggia; sciabica demersale; Rete da posta pelagica; Volanti a coppia; Rete da posta di fondo; Palangaro pelagico; Rete da traino a bocca fissa
  • Mar Mediterraneo e Mar Nero FAO 37
    Lenza a mano; Pesca a canna; Reti da posta pelagiche

CARATTERISTICHE DELLA SPECIE 

La spigola (o branzino) presenta un corpo allungato di colore grigio argento, più scuro sul dorso, e può superare il metro di lunghezza e i 12 kg di peso. Attivo predatore di pesci e invertebrati, in inverno si riunisce in gruppi per riprodursi. È diffusa nell’Atlantico nord-orientale, dalla Norvegia al Senegal, nel Mar Mediterraneo, dove è comune, e nel Mar Nero. 

STATO DELLO STOCK  

Per la gran parte degli stock di questo pesce non esiste ad oggi una valutazione sullo stato di conservazione. Lo stock dell’Atlantico nord-occidentale negli ultimi anni risulta in diminuzione, a causa di una pesca eccessiva. Il lento tasso di crescita rende la specie vulnerabile alle pressioni della pesca. Inoltre vi è un fenomeno diffuso di ibridizzazione del selvatico da animali allevati che sta portando erosione genetica. 

IMPATTI DELLA PESCA  

La spigola è pescata prevalentemente con le reti da posta e i palangari di fondo che sono attrezzi sostenibili con minori effetti negativi sui fondali e i giovanili sotto taglia anche di altre specie. La pesca con lenze a mano e canne da pesca è ancora più selettiva ma essenzialmente è un’attività ricreativa. Spesso la spigola è pescata anche massivamente con reti a strascico, che causano un elevato tasso di catture accidentali, quasi sempre illegalmente perché la specie vive prevalentemente entro i 50 m di profondità che sono interdetti a questo tipo di pesca. 

GESTIONE DELLA SPECIE

Nell’UE, la pesca della spigola è regolamentata dalle normative relative alla taglia minima di cattura e sbarco del pesce, ma non sono state stabilite delle quote di cattura per la specie e la pressione di pesca è ancora troppo elevata, rendendo la gestione ad oggi solo parzialmente efficace.  

 

ACQUACOLTURA  

Oltre alla spigola selvatica, molto comune – soprattutto nei paesi mediterranei – è la spigola proveniente da acquacoltura, allevata in gabbie galleggianti poste in mare, raramente anche in estensivo in ambienti lagunari e confinati. E’ la specie più allevata in Europa. Le spigole sono pesci carnivori: necessitano di oltre 3 kg di proteine animali (sotto forma di mangime o olio di pesce) per produrre ogni kg di pesce allevato. Sfortunatamente, il mangime per nutrire i pesci da allevamento proviene dalla pesca, il che rende ancora oggi quest’allevamento eticamente discutibile, anche se si stanno sperimentando con successo mangimi integrati con farine vegetali.  

IMPATTI DELL’ACQUACOLTURA 

L’acquacoltura in gabbie galleggianti in mare aperto ha numerosi effetti negativi sull’ambiente. A causa delle elevate densità di allevamento, insorgono numerose malattie che possono essere trasmesse anche agli stock selvatici. Inoltre, per contrastare tale diffusione di malattie, negli allevamenti si fa ricorso a elevati quantitativi di antibiotici e altre sostanze chimiche che finiscono in mare, contaminando tutta la catena alimentare selvatica marina. Un altro problema è quello causato, come detto, dalla fuga di pesci allevati che possono causare un inquinamento genetico delle popolazioni “selvatiche”. L’acquacoltura biologica invece, ha impatti molto più bassi dell’acquacoltura convenzionale ed è quindi da preferire essendo più sostenibile. 

GESTIONE DELL’ACQUACOLTURA 

Nella maggior parte dei paesi esistono regolamenti volti a ridurre gli impatti ambientali dell’acquacoltura. Mancano però informazioni su come valutare l’attuazione, l’efficacia e il monitoraggio di tali misure. L’acquacoltura certificata biologica prevede invece disciplinari di allevamento rigorosi e i controlli sono buoni; il mangime deriva spesso da residui provenienti dall’industria ittica il che contribuisce a ridurre le pressioni sulle popolazioni selvatiche. GlobalGAP (lo standard di buone pratiche per l’acquacoltura, riconosciuto a livello internazionale, che sancisce qualità, sicurezza e sostenibilità dei prodotti) ha introdotto un codice GGN sul retro delle confezioni per identificare univocamente i prodotti aderenti al sistema certificato.